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Decreto Legge 87/2018, Il Decreto Dignità

Il decreto mira a disincentivare i contratti a tempo determinato per favorire la transizione ai contratti stabili.
La loro durata complessiva scende da 36 a 24 mesi, con la possibilità di proroghe che passa da cinque a quattro.
Dopo i primi 12 mesi, in cui il contratto può esere "libero", i successivi rinnovi richiedono una causale, ovvero gli imprenditori devono specificare le ragioni per le quali si intende proseguire quel contratto a tempo.

Sono due le causali ammesse:

 

- esigenze connesse a incrementi temporanei, significativi e non programmabili dell'attività ordinaria; 

- necessità temporanee e oggettive, estranee all'attività ordinaria, o per necessità di sostituire altri lavoratori che magari sono in ferie.

 

A questa stretta si unisce quella contributiva: ogni rinnovo, anche al di sotto dei 12 mesi, prevede che i contributi crescano dello 0,5% andando a sommarsi a quell'1,4% che dal 2012, con la legge Fornaro, finanzia la Naspi.

Le modifiche di cui sopra non toccano il personale assunto per le attività stagionali (D.P.R.1525/63) che possono essere prorogati o rinnovati liberamente. A questo proposito, il personale artistico e tecnico addetto a preparazione e produzione di singoli spettacoli o serie di spettacoli consecutivi vi rientra ma il Ministero ha chiarito che debba trattarsi di occasione lavorativa temporanea, specificità della produzione e vincolo di necessità diretta tra l’apporto del lavoratore e la produzione medesima.

Le novità valgono per i nuovi contratti ma anche per rinnovi o proroghe di contratti in corso. 
Quanto alla parte del contenzioso e dei diritti dei lavori, sale da 120 a 180 giorni la finestra di tempo nella quale un lavoratore può impugnare un contratto a tempo. Maggiori anche i costi di licenziamento, in caso di illegittimità: salgono del 50%. La forbice dell'indennizzo sale infatti dalle 4-24 mensilità previste dal Jobs act in vigore dal marzo 2015 alle attuali 6-36.


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